Complottismo senza limitismo.

Io dei complotti me ne fotto. Per due motivi: perché se sono veri, non c’è niente che tu possa fare per sventarli, e se non sono veri perché non c’è niente che tu possa fare per sventarli, dato che non sono veri. Però c’è un tipo di complotto che, quando parte. è difficile da sventare perché, in genere, il complotto parte all’insaputa degli stessi complottatori.

Mi spiego, che voi già capite poco di vostro.

Avete notato quante querele, in questo periodo? Soprattutto fra e da giornalisti, scrittori, intellettuali, vero? Ora, io nego, ripeto: io nego che questi singoli casi, per quanto numerosi, abbiano tra loro il benché minimo legame. Però possono benissimo aggregarsi spontaneamente, senza che i loro attori siano complici del fatto, e c’è la concreta possibilità che questa aggregazione, diciamo così, spontanea, dia luogo a una cosa che se complotto non è, gli assomiglia un bel po’.

Mettiamo che io sia un blogger letterario o discografico. La mattina mi metto in rete e, armato solo di word press o del login Anobii, mi metta a stroncare un libro di merda o un disco altrettanto schifoso. Ora, tutti sanno che esistono tre mondi distinti dell’informazione; c’è quello della tv e dei giornali, che chissà perché quando recensisce un libro o un cd è in simpatica sintonia coi desideri più reconditi degli editor, dei produttori o degli uffici stampa; poi c’è quello dei blogger embedded, che aspirano a entrare del mazzo di carte succitato, e guarda caso scrivono e dicono più o meno le stesse cose, ma mascherate da critica implacabile (che equivale a dire: me lo faccio buttare al culo, però cazzo, li obbligo a mettersi il parapesce: sono un duro, io). E diciamo che questi, insieme, sono l’85 per cento dell’informazione italiana.

Poi c’è uno sparuto gruppetto che di far parte del sistema mainstream se ne fotte, vuoi perché ribelli di natura, vuoi anche solo perché consapevoli di avere ancora un briciolino di dignità. E sono quelli che poi leggo io, che leggono molti di voi. Quelli che vi dicono chiaro: questo libro, questo film, questo disco FANNO CACARE. Questo politico è un disonesto. Questo giornalista, dato che si comporta così e cosà, è un cialtrone. Questo, cari miei, a loro non va bene. Tzk tzk, no, no e no.

Faccio un esempio: un editor di una importante casa editrice pubblica il libro (urendo) dell’amante di uno scrittoraccio finito da trent’anni. Spende un sacco di soldi per prepararlo, magari è perfino obbligato a farlo riscrivere; poi compra un sacco di pubblicità sui giornali. Ottiene, tramite favori e ricatti, ottime recensioni e marchette televisive per la sua protegé (generalmente appartenente  alla razza che chiamo cesse in tubino nero), compra una bella posizione di rigore in due catene di librerie nazionali, fa stampare dei totem, si siede e aspetta che arrivino i soldi. Solo che, e qua sono cazzi, i soldi arrivano, ma non bastano: non coprono le spese. E l’editor allora si fa un giro su google, e scopre che trenta blog seri quel libro della cessetta l’hanno stroncato: e che questi blog hanno ognuno due o trecento lettori che sanno che il blogger soldi dall’editor non ne becca, e di lui si fidano. Trenta blog per duecento lettori fa SEIMILA. Di questi seimila, magari quattromila avevano una mezza idea di comprarlo, il libraccio. Un terzo è cretino e lo compra uguale, ma gli altri duemilaseicento e rotti, no. Non lo comprano. In un paese dove un libro mediamente vende tremila copie. E poi magari il nostro editor scopre che c’è un sito chiamato Anobii, e si accorge che, anche dopo le ottime recensioni civetta che ha fatto scrivere ai suoi schiavetti, il libro della subnormale ha duecento commenti che lo bollano come infame stronzata, motivando e articolando con disinteresse e competenza la forma e l’odore della deiezione in formato paperback.

E alè, altra gente che il libro non lo compra.

Ora l’editor si sta cacando sotto. Il suo junior, che lui ha finora maltrattato ai limiti del mobbing, sta aspettando che lui faccia un altro errore, solo uno, per incularlo e prendere il suo posto. Ma l’editor ha le orecchie aperte, e si accorge che nell’aria c’è qualcosa di nuovo: le querele. Autori che querelano giornalisti, giornalisti che querelano intellettuali, scrittori che querelano editor. E, per una volta nella vita, e visto che è in ballo la sua poltrona gli viene un’idea: perché non quereliamo i blogger che hanno stroncato il libro? E perché non quereliamo Anobii? E i forum? Che so, potrebbe configurarsi un qualche reato, tipo attentato alla libera impresa, o oltraggio al pudore. Perché lui è l’editor di una grande casa editrice, e già ha degli avvocati sul libro paga: quindi lui querela, spende poco più di un cazzo, si siede e aspetta. E il blogger, magari un disoccupato, si vede arrivare a casa la querela. Non ha i soldi, quindi contatta gli squali, chiede scusa e promette di non farlo più. E lo fa pubblicamente, sul suo blog, così che gli altri (pochi) blogger liberi capiscano il messaggio. Che è questo: se non vi volete fare otto o nove anni di tribunale, vi conviene copiare le recensioni che facciamo scrivere ai nostri giornalisti di fiducia.

Capito come?

Ovviamente, questa è solo una mera ipotesi, un what if poco credibile. In fin dei conti, invece di fare tutto questo paraustiello, gli basterebbe pubblicare dei bei libri, fare dei bei film, produrre dei bei cd. E non ho dubbi che lo faranno presto.

In fin dei conti parliamo di gente che, in questi anni ci ha regalato dei grandi classici. Della stronzità, ma sempre grandi classici.

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4 Commenti

  1. Che brutto video, non è meglio la canzone “100 modi per chiavare”?

  2. non sono esperto della questione ma, dopo aver letto la tua disamina, mi domando cosa spinga un blogger a pubblicare una recensione di un libro di merda? al posto loro piuttosto mi vergognerei di essere caduti nella trappola e di averlo letto; secondo il tuo ragionamento dovrebbero essersi fatti infinocchiare dal tubìno nero e questo non è certo da persone intelligenti quali ritengono di essere

    • PS: lo dico in particolare perché, pur non essendo cinefilo, un film di merda lo fiuto in 5 secondi dal trailer e ne sto lontano come la peste; lo stesso dovrebbe essere per i bibliofili quando guardano una copertina.

      per fare un esempio bibliocinefilo, avendo letto “Io robot” di Asimov, mai mi sarei sognato di guardare la relativa trasposizione cinematografica e, qualora per una ragione inesplicabile mi fóssi alfine convinto a farlo, mai mi sarei sognato di lamentarmi del fatto che si trattava di un’americanata perché il minimo che mi sarei potuto aspettare sarebbe stata una pernacchia direttamente uscita dalla bara di Asimov