La sindrome di Susan Alexander.

E ci siamo levati anche il pensiero delle elezioni, oi’, facendoci la solita trafila dei commenti autorevoli, Marino ha vinto, no è Alemanno che ha perso, Grillo merda, ma il vero dato che emerge è l’astensionismo. Le solite quattro puttanate, insomma, che non significano un cazzo e che a parti invertite erano praticamente uguali. Risultato: due palle. Ora, se uno vuole analizzare il vero dato, che è ovviamente quello dell’astensione, può farlo eccome, ma deve tenere presente una cosa, e cioè che la gente non si sta astenendo soltanto dal voto, si sta astenendo da tutto il sistema. Ora, io mi rendo conto che se lo dico io salta fuori qualcuno che si mette a pepetiare che non si sommano mele con pere. E invece sì, si sommano, perché sempre di frutta si tratta.

Milioni di elettori in meno, e a quanto ci è dato conoscere dai dati appena usciti, un milione di copie vendute in meno per i giornali, e dio solo sa quanti lettori. Poi la notizia, venuta da fonte attendibile, che solo una dozzina di libri su cento superano le 1500 copie, e secondo me il dato è anche gonfiato.

Ora, se non bastano questi numeri a  far capire che la crisi è sistemica, non so cos’altro serva a questa gente per capire, a parte i calci in culo. I giornali sono l’estensione della politica italiana su carta inchiostrata, e i libri rispecchiano fedelmente le varie fette di potere delle diverse egemonie culturali. Chiarisco subito che io non sono per niente contento di questi numeri: sono cresciuto tra libri e giornali, e mi considero uno fortunato ad avere avuto il privilegio di leggere i corsivi di Fortebraccio al bar prima di entrare in classe, o di andarmi ad aprire il conto all’Einaudi per portarmi a casa cinquanta libri in un colpo solo. Però, è chiaro che questo sistema, gestito così, non può che crollare. Politicamente, giornalisticamente e culturalmente c’è un blocco unico, uno spaventoso teatrino di giro che s’impone, anzi che vorrebbe imporsi come una gioiosa macchina da guerra, ma in realtà è una macchina per figure di merda. Se accendi la tv, o meglio se., come faccio io, segui su facebook (molto meglio) i commenti di quelli che la seguono, l’immagine che ti si para davanti è impressionante: Servillo che va ospite dalla Gruber, che ha fatto politica col Pd, e che attacca Grillo che a sua volta è attaccato da tutti i giornali che però magnificano Servillo a prescindere, che poi il film è di Sorrentino che va a Cannes non viene premiato e tutti i giornali che vergogna non viene premiato e allora Sorrentino scrive un libro e tutti i giornali dicono che genio Sorrentino che bel libro e vanno tutti al premio Sdrega dove trovi Rutelli Mastella ecc. E che cazzo, almeno metteteve na parrucca, fate a vedere che non siete voi. E chiariamo che non parlo di Sorrentino o Servillo, io il film manco l’ho visto, li ho usati SOLO PER FARE UN ESEMPIO che funzioni al momento: ma è certo che la potente macchina da propaganda non funziona, o per funzionare dietro ha bisogno di Goebbels, non di qualche scafesso morto di fica.

E’ quella che io chiamo la Sindrome di Susan Alexander, dal nome della moglie di Kane in Quarto potere. Se non avete visto il film, vi dico solo che si tratta di una mediocre artistucola che per provare a sfondare ha bisogno che Orson Welles le costruisca un teatro e obblighi i suoi numerosi giornali a pubblicare recensioni entusiastiche. All’inizio, per un po’, funziona, poi la signora fa la fine che deve fare, vale a dire la botta a muro. E’ quello che sta succedendo oggi: siamo pieni di Susan Alexander in politica che finanziano Susan Alexander nel mondo della cultura e la propagandano tramite mass media piene di Susan Alexander. Non funziona, così. Non può funzionare, e il giocattolo si sta rompendo. Andatevi a vedere i canali Youtube dei festival estivi finanziati dallo stato, dalle regioni, province e comuni presieduti da Susan Alexander, gestiti e organizzati da Susan Alexander e che invitano centinaia di Susan Alexander: ce ne sono certi con 80, massimo cento visualizzazioni, segno che nemmeno i figli e gli amici di Susan Alexander li frequentano.

Questi non hanno capito che serve un Charles Foster Kane per ogni Susan Alexander. Non esistono mantenute senza padrone.

Prima o poi le mantenute cominciano a spolparsi tra loro: ed è questo che sta succedendo.



7 Commenti

  1. MrBrown

    Come sempre lucido e lucidato. In attesa del solito avvocato difensore del PD che verrà qui a cacare il cazzo, mi chiedevo: quando tutte le mantenute si saranno prese a capelli, poi non è che vengono a sfottere la mazzarella a noi?

      • Giordamas

        I tuoi commentatori mi amano, pure quando non ci sono, mi evocano. E il bello è che non avrei mica niente da ridire su questo discorso qua (sì, mi sono espresso come Bersani). Al massimo, posso aggiungere, dopo aver visto “Pollo alle prugne”, “Tanguy” e “Quasi amici”, ultime “perle” del cinema francese, che mal comune è mezzo gaudio.

        • MatteoC

          Tanguy non era malaccio, a parte la fine di redenzione attaccata li’ con lo sputo e che non c’entra niente col film. E non fraintendermi, io amo la fine del prato di bladerunner che non c’entra una min… col film, e mi fa schifo il director’s cut, insomma ci ho dei gusti “grand public” come mi diceva la mia ex (appunto francese). Certo les bronzés, la cena dei cretini, le père noel est une ordure eccetera sono incredibilmente meglio, ma insomma non fucilerei cosi’ Tanguy. Ciao, saluti.

          • Giordamas

            Ovviamente, ognuno ha le sue idee e i suoi gusti. Io “Tanguy”, l’ho trovato artificiale, mal recitato, banalotto nella scelta dei vari complotti dei genitori a danno del figlio, quasi da canovaccio di qualsiasi film sulle burle. Gli altri tre che hai menzionato non li ho visti, pur avendone sentito parlare, ergo non li giudico, ma in genere, il cinema francese lo trovo molto in disarmo (e non ho parlato degli “action movie” recenti con Cassel e Reno!). E anche il Kassowitz de “L’Odio”, lo trovo sopravvalutato come il nostro Sorrentino.

  2. Demart81

    Un tempo si chiamavano “integrati” (ad esempio nel bel libro di Eco) oppure “intellettuali organici”, oggi potremmo chiamarli anche organici (intellettuali non so), ma nel senso della raccolta differenziata.

  3. anduoglio

    Parliamo di cose serie: ma secondo voi, Cavani resta al Napule?