Le scuole che servono.

Io non sono mai andato volentieri a scuola, e questo è uno dei motivi per cui non ho mai fatto il concorso a cattedra. Non mi piace l’ambiente: trovo che la scuola italiana sia, e sia sempre stata, una solenne porcheria. Programmi imposti dal ministero, e se volete sapere cosa significa imposti dal ministero, andatevi a  spulciare i nomi dei ministri dell’istruzione degli ultimi quarant’anni e capite meglio. Non a so voi, ma un ‘istituzione che ha avuto a capo nomi eccellenti che vanno dalla mitica Bono Parrino all’indimenticabile Gelmini, passando per menti come Russo Iervolino e Misasi, Moratti e Fioroni,  a me scatena come minimo ilarità. Intendiamoci, non sto parlando dello studio: quello, è fondamentale. Farsi il culo sui libri è un privilegio che dovrebbe essere concesso gratis a tutti, apposta adesso te lo fanno pagare carissimo. Non confondetemi con gli scemi dell’università della vita. Ma che la scuola italiana abbia sempre fatto schifo al cazzo non ve lo devo dire io, basterebbe che buttaste un occhio a Mastronardi. Non so voi, ma quando a scuola ci andavo io era il paradiso dei cretini e dei leccaculi, una specie di anticamera della peggiore società immaginabile. Anzi, è stata per anni una specie di coming soon di tutto il peggio che sarebbe diventato il nostro paese.

Mentre, e  parlo degli anni 70, l’Italia non era ancora il paese così incredibilmente lurido che è adesso, ma , per esempio, uno senza un calcio in culo poteva sperare di trovare un lavoro, a scuola era possibile (non in tutte le scuole, ovvio, ma a scuola) emergere truffando. Bastava imparare a memoria quattro cazzate, leccare il culo, magari, perché no, fare la spia e eccoti un primo della classe perfetto. Per non parlare dei programmi, appunto, ministeriali, roba da farti pisciare sotto dalle risate, un’accozzaglia di ammeschefrancesche che parevano uscite da uno sketch dei Brutos.

E’ stata la scuola italiana a prepararci questo bel piattino di gentaglia che ci ritroviamo intorno e addosso, mica no. E adesso nemmeno gli basta più: sono anni che parlano di trasformarla in trampolino di lancio, in preparazione dei giovani per il mondo del lavoro. Solo che, non essendoci il lavoro, resta la preparazione a quel mondo. Che significa, sostanzialmente, zitto e ubbidisci al padrone. Impara quello che serve al padrone, o che potrà servirgli, e poi vai fuori e cercatene uno, se si degnerà di accogliere nelle sue piantagioni uno schiavetto in più da mortificare.

Quelli della mia generazione hanno avuto culo: noi ci siamo salvati perché, nonostante la scuola, abbiamo imparato qualcosa. Perché fuori da scuola uscivi e trovavi Pazienza in edicola, Scola al cinema e i Clash nei negozi di dischi. Adesso avete i comunisti milionari che sui giornali de sinistra s’inalberano per le cacchine dei cagnolini sui marciapiedini: non v’invidio.

Anche se forse una speranza c’è. Leggevo oggi che il rapper di Amici ha disdegnosamente smentito la sua partecipazione alla festa del Pd. Pare abbia detto: io, locc dint, ma quando mai? L’ultimo barlume di dignità ce lo regala un alunno di Maria De Filippi. Allora ci sono, le scuole che servono.



7 Commenti

  1. Gennaro Marco Duello

    Che poi non è vero. Prende le distanze (e i soldi), ma l’allievo della De Filippi suona proprio alla Festa del Pd. “‘Ate che cazzi”. 

  2. zanga

    Amlè (perdonate se mi piglio la confidenza), avrò avuto un culo sfunnato, ma a me la scuola italiana mi ha permesso di arrivare a fare il ricercatore in università a Helsinki… e conoscendo entrambi i sistemi non mi pare che quello della “civilissima” e “incorruttibilissima” Finlandia è tanto meglio (nonostante i test PISA, i sòrdi in circolazione, ecc. siano daccordo con te). Cioè, se la scuola serve pure a qualcos’altro oltre che a addeventà leccaculo, da queste parti stanno molto più inguaiati. Se invece vuoi addiventare accounting manager meglio qua indubbiamente.

    E’ pur vero che ci sarebbero 2 fallacie logiche nel mio ragionamento: 1. comparo la scuola italiana della provincia remota di Salierne di qualche anno fa con l’odierna istruzione nella capitale finnica e 2. non è che se uno fa meno schifo di un altro allora vuol dire che è bello, però tu dovresti vedere a che livello è arrivato il nazismo quotidiano e progressista nell’occidente non-mediterraneo… qua (e in altri posti dove so stato) la dignità umana non è che s’è persa, non s’è mai concepita secondo me. E’ come quando dicono “italiano mafia”… e grazie al cazzo, in Italia si chiama mafia, altrove è quasi completamente legale… E infatti a me m’hanno inculato a sangue, proprio perché ste cose non me l’aspettavo… ma di questo non è che fotte a nessuno.

    Tutto questo per dire che non è un problema locale, solo che da noi non mantengono manco l’apparenza (e non so se sia un bene). E’ un mondo di merda ovunque, ed evidentemente è accussì by design.

  3. Boris

    Nell’opulenta Salierne sono crollate le iscrizioni al Tasso (che comunque era già andato ad aceto da diversi anni) ed è boom di iscritti agli istituti tecnici e scientifici. L’università poi è tutta con le pacche nell’acqua, specie scienze della disoccupazione, lettere al direttore e le altre facoltà per lecchini e rifiuti umani. La speranza c’è eccome.

    Poi non c’è da stupirsi, ogni paese ha una scuola che rispecchia semplicemente la società di quel paese e ne tramanda la cultura, la scuola italiana è una scuola che produce italiani, nel bene e nel male.

  4. anduoglio

    Le scuole italiane facevano schifo, è vero, erano anche un luogo basato sul ricatto e sul terrore, con alleanza satanica genitori/insegnanti per cui alla fine si studiava solo per evitare il rimando o la bocciatura, però ogni tanto acchiappavi l’insegnante che ti apriva delle porte nuove. Quell’insegnante che ti dava degli input diversi che ti faceva capire che il mondo non è solo quella merda alla quale tutti volevano che ti ci abituassi e che col tempo ti sarebbe piaciuta pure.

  5. Stefania

    Hai ragione, la scuola è sempre stata un cesso ed io ho avuto la sfortuna di frequentare le elementari in un cesso di scuola non solo per i contenuti ma anche per il contenitore. A partire dal ’66 ho frequentato un complesso senza nome, comunemente chiamato “ le baracche”. C’era chi frequentava la Manzoni o la Carducci ed io frequentavo “le baracche” dove d’inverno, per potervi accedere, dovevi portare le calosce tanto era il fango, i tetti erano lastroni ondulati di eternit e d’estate il cortile brillava di polveri e di filamenti che noi raccoglievamo da terra per giocarci tanto erano belli e luccicanti. Erano le polveri e i filamenti di fibre di amianto degli stabilimenti Ilva, cementir ed eternit a poco centinaia di metri dalla scuola e dalle nostre case. La quarta e la quinta elementare l’ho frequentata in una classe differenziale da incubo perché n’cap a loro,  lo svantaggio economico e una certa appartenenza sociale dovevano produrre per forza un sottorendimento. Non smetterò mai di maledire le maestrine che ho incontrato, figlie ignoranti di quella borghesia pregna di pregiudizi di classe di gentiliana memoria che considerava il sapere un privilegio per pochi e reputava i figli degli operai geneticamente deficienti e incapaci. Però non smetterò mai nemmeno di benedirle quelle mastrine perché mi hanno insegnato ( loro, io non lo conoscevo) l’odio di classe e mi hanno permesso in seguito, alla faccia loro, di continuare gli studi,  di dare valore alla mia identità sociale e di godermi un sacco, un sacco di cose tra cui pure i clash. 

  6. emilio de simone

    Ciao Amlo il sempre mitico, ci credi se ti dico che un professore di una mia amica ha assegnato come lettura ” Acciaio” della Avallone? Se avevi bisogno di una prova schiacciante di quelo che dici direi che te l’ho fornita no?