I pirati, il Titanic e lo scapezzo dell’editoria.

I guaiti che sento riguardo la questione Mondazzoli, ossia la fusione tra i due colossi Mondadori e Rizzoli (che poi in realtà sarebbe un’acquisizione), si dividono in due categorie principali. La prima, quella patetica, del caniello ferito, è quella degli autori che temono per il loro culo; diciamo che di loro ce ne possiamo ampiamente fottere. Mi preoccuperò di loro quando loro si preoccuperanno degli altri, cioè mai. Non sono interessato alle lagnanze della servitù. La seconda è quella dei lettori cosiddetti forti, tra i quali vedo molte persone intelligenti e disinteressate, che si preoccupano della qualità del nostro mercato letterario. Ecco, di loro mi interessa, ma vorrei dirgli, serenamente, che gli scenari che si delineano all’orizzonte sono preoccupanti eccome, ma non per noi amatori.

Innanzitutto, il panorama fa già talmente schifo che non vedo come potrebbero propinarci di peggio: e tra l’altro, non lo propinano neanche a noi. I libri, per dire, di Bisotti, o quelli scritti da ricche signorine annoiate dal mondo e dalla grammatica italiana, sono prodotti concepiti per gente che non siamo noi, non più di quanto lo siano i montascale per i calciatori in attività e in perfetta forma fisica. Certo, se una cosa insegna la sciagura del Titanic, è che, fermando la costruzione di navi ancora più grandi (troppo, per gli standard dell’epoca), ha paradossalmente salvato un numero di vite umane superiore a quelle perse nel famoso naufragio.

Ecco, così vedo un gigante dell’editoria, oggi (non necessariamente Mondazzoli): come un’enorme nave da crociera che però naviga in uno stagno puzzolente per gli scarichi fognari dell’equipaggio, e che perdipiù propone ai crocieristi scali nei posti più brutti del mondo. Un gigante ha bisogno di tempo e di fatica, per muoversi. Il mio amico ed editore Domenico Cosentino può, se gli gira il culo, produrre un libro in poche settimane; e lo stesso può fare Giorgia Antonelli di LiberAria. Un singolo cacciatore è meno forte di una centuria romana, ma è anche vero che una centuria viaggia lenta, il cacciatore può correre.

E questi sono tempi in cui si corre, in cui le notizie invecchiano in due ore.

Dice, ma il gigante possiede un’enorme macchina promozionale, può mandare uno scrittore in tv quando vuole. Verissimo. Saremo invasi da scrittori, scrittori ovunque. Ma calcolate che il novanta per cento di loro accocchierà delle figure di merda epocali. Non basta comprarsi il comitato olimpico e mandare nonna a correre i cento metri: o paghi anche tutti gli altri concorrenti oppure nonna ti muore allo start. Eh ma loro, così, avranno tutto il mercato. Vero anche questo. Un mercato, però, costruito a loro immagine e somiglianza, composto da sciampiste e professoresse del Pd: gente che appena esce un nuovo smalto o una nuova cover per il cellulare il libro col cazzo che se lo compra. Persone che dovrebbero essere allontanate a calci dalle librerie, dalle biblioteche e da qualsiasi consesso civile in cui sia necessaria la grammatica. Gentaglia che sporca dappertutto, mau mau che quando son passati hai finito di fare. Contare su di loro, per un colosso, è un azzardo. Così come è sbagliato pensare di essere too big to fail. Nessuno è più troppo grande per scapezzarsi. Oggi, se gli azionisti ritengono che tu, semplicemente, non rendi, ti cacciano a calci in culo. Insomma, il colosso (qualsiasi colosso, in questo campo,non solo questo, sia chiaro) mi sembra che riponga le sue speranze di sopravvivenza in un bacino d’utenza di ritardati mentali peraltro estremamente volubili da una parte, e dall’altra dipenda da investitori famelici e spietati.

Inutile dire che io mi trovo, viceversa, benissimo, e vedo prospettive rosee per le piccole navi pirata con equipaggi affamati ma preparati, veloci nel colpire e fuggire. Mille imbarcazioni che piazzano poche centinaia di copie alla volta significano migliaia di volumi sottratti al gigante. Che ha bisogno di mangiare, sempre di più, perché è grande e lento.

Quelli che sembrano punti di forza sono, secondo me, debolezze imperdonabili: la visibilità significa maggior esposizione alle brutte figure; la popolarità tra i trappani diventa un deserto se esce un nuovo modello di cellulare, e la potenza di fuoco te chiavi in culo se, ora che hai girato la nave da guerra, i pirati sono già a sbronzarsi alla Tortuga col bottino.

Certo, posso aver torto. Vedremo. Intanto, per non saper leggere né scrivere, io isso la bandiera col teschio, hai visto mai.



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