E’ successo quello che doveva succedere.

Voi, almeno un motivo per pigliarmi collera al giorno me lo dovete dare. E stamattina è successo. Ho scoperto che un libro fresco pubblicato di uno dei più grandi autori americani (e quindi del mondo) ha la prefazione scritta da, rullo di tamburi, ancora rullo di tamburi, Vinicio Capossela. Cioé, Sherwood Anderson con la prefazione di Vinicio Capossela; l’equivalente di Calderoli che cura una compilation rimasterizzata di Skip James. Sarò io che sono cretino, ma se mi ripubblicate Anderson (naturalmente non Un povero bianco eh, quello sarebbe troppo per voi bestie), io finisce che mi aspetto una bella introduzione di sessanta o settanta pagine scritta, che so, da un qualche studioso di letteratura americana: uno dei tanti che su Sherwood Anderson ne sa più di me. Invece no, Voi chiamate un cantante, e giusto perché immagino che la Littizzetto fosse in vacanza e Del Piero e Buffon in ritiro con la Juventus. Dice ma perché, che hai contro Capossela? Un cazzo, ho, contro Capossela, anzi andiamo d’amore e d’accordo: lui fa i concerti e io non ci vado, lui fa i cd e io non li compro, e stiamo in grazia di dio, capace se lo incontro gli offro pure da bere e diventiamo amici di sbronza chiacchierando di quanto amiamo Sherwood Anderson. Invece no, funziona che qualcuno in una casa editrice ha detto, ehi ripubblichiamo Anderson che abbiamo da trent’anni e non lo stampiamo più, in attesa della prossima trascrizione degli articoli di Saviano? Qualcun altro deve aver risposto: ripubblichiamo chi? E poi è venuto fuori Capossela.

Il calcolo deve essere stato: Capossela è uno che vende sessanta milioni di copie, quindi, anche se non è uno studioso, e la sua prefazione non va oltre un insieme di pensierini che anche il più sciatto dei nostri lettori è in grado di mettere insieme mentre sta al cesso, almeno facciamo vendere un botto di copie a Anderson: un caso lampante in cui il nobile fine giustifica il più idiota dei mezzi. Questo, sempre che Capossela vendesse sessanta milioni di copie, cosa che non è. E allora?

E allora il diavolo sta nelle piccole cose, ma non si nasconde affatto: Capossela (non me ne voglia, non è di lui come persona che parlo) che scrive l’introduzione a Sherwood Anderson è l’equivalente di Brunetta allenatore della Nazionale: ne capirà pure di pallone, ma cazzo, sicuri che non c’era di meglio in giro?

Lo so, sono stantio e rompicoglioni con sta cosa delle competenze, e qualcuno mi dirà che il comandante del Titanic aveva avuto, prima di quella sera, una trentennale carriera di traversate senza il benché minimo incidente. Sarà, ma se invece del capitano del Titanic chiamate e me e Luciano Vitiello la carriera trentennale si conclude nei primi trenta secondi con un naufragio ancora nel porticciolo di Pastena.



2 Commenti

  1. e come ha fatto capossela a scimmiottare tom waits su carta? ci ha sputato su un po’ di tabacco?

  2. non sei stantio e ripetitivo. questo è uno di quei post all’antica per i quali ti amiamo.