La fiera del bestiame.

Nonostante i mezzi enormi di cui dispone, e gli sforzi che ha profuso in questa direzione, Amazon è riuscita a conquistarsi solo un ruolo nel cosiddetto self-publishing, l’editoria fai-da-te. Lusinga i semianalfabeti che sono convinti di essere dei geni e di meritare il successo. Sono l’equivalente dei cantanti sotto la doccia che pensano di essere dei talenti musicali incompresi.

Ecco, il grande merito di Jeff Bezos non è quello di aver creato un colosso (un colosso beneducato, per di più), ma di aver fatto gettare, una volta e per sempre, la maschera a questa gente qui: come, in questo caso, Wylie, pomposamente detto l’agente dei Nobel. Ora, se questo è l’agente dei Nobel, cosa sarà mai l’agente, che so, dei Campiello?

Su questa cosa dobbiamo riflettere: l’uomo accusa Amazon di essere un camionista digitale, una grande ditta di logistica, trasporto e consegne; lui, invece, cos’è? Un mediatore, come Raiola con Balotelli. E’ gente che tratta, che parla di soldi, e che, piazzato il suo cliente, si trattiene una percentuale. Soldi. Soldi. Solo e soltanto soldi. Ecco di cosa parla l’agente dei Nobel: di soldi. Non di cultura. Questo è l’agente di Roth perché Roth vende. Se domani Roth non vendesse più una mazza, mi sa che avrebbe difficoltà a trovarlo al telefono, all’agente dei Nobel.

E poi, il tono supponente, alla Enzo Di Donna, di schifo e di scherno verso quelli che cercano di pubblicare: per lui sono semianalfabeti; lo dice lui, eh: un intermediario che passa le sue giornate a parlare di soldi.

Semianalfabeti, ecco cosa pensano di quelli che rifiutano di leccare il culo a lui e a quelli come lui, che non vogliono passare sotto le umilianti forche caudine dell’editoria tradizionale. Di cui, peraltro, a loro non frega un cazzo. Quando parlano di libri, questi, in realtà, stanno parlando di soldi. Sapete perché sbattono i piedi? Perché stanno perdendo soldi. Solo per questo. Vogliono un mercato editoriale controllato dall’inizio alla fine, in cui possono imporre chi cazzo decidono loro e venderlo comunque. E la zezzenella è finita. Perché i semianalfabeti vendono, e loro perdono soldi. Il loro trucchetto funziona solo se non hanno nessun concorrente: sbraitando come fanno, rendono soltanto chiaro che basta qualche decina di migliaia di scrittori in selfpublishing per mandarli alla mensa dei poveri.

Perché i semianalfabeti vendono, e loro non vendono più. E gli rode il culo. Perché non sono capaci di considerare gli autori in selfpublishing per quello che sono: un immenso vivaio da cui pescare. Perché a loro, dei libri, non gliene fotte un cazzo. Questa è gente che pensa ai soldi. E ci pensa male, se basta il selfpublishing per mandarli a rovistare nella munnezza. Piangono, gridano, insultano perché non hanno più il monopolio. Perché nessuno va alle loro presentazioni in cui la gente si addormenta e le uallere crescono. Perché ormai, per vendere i loro quattro libracci lagnosi e scassacoglioni, devono investire molto più di quello che guadagneranno. Perché nessuno si fida più delle recensioni dei loro amichetti nei media.

Perché i semianalfabeti li stanno lasciando tutti in mutande.

Che è esattamente quello che questi mediatori da fiera del bestiame si meritano.



5 Commenti

  1. Ciao

    Che poi vorrei capire come si fa a scrivere un libro sotto la doccia. Ma la carta non si infonne? Mah, a tecnologia.

  2. Boris

    E AMEN, fratello, cazzo.

  3. Irene

    Ciao Amlo,
    non fa una piega!