E come potevamo noi cantare (ovvero di poesia e di morale congiunte).

E’ notte, ai piani alti della potente casa editrice. La stanza, nonostante i divieti, è fumosa, i volti sono tesi e preoccupati. Il grande capo, a un certo punto, sbotta: insomma signori. qui sono in giuoco i destini letterari della nazione! Urge trovare un testo atto alla bisogna, qualcosa che rivoluzioni il mondo della cultura come solo noi sappiamo fare! Silenzio imbarazzato, finché, timido, s’alza un anziano redattore prossimo alla pensione. Lei chi sarebbe, con quella mano alzata? Lo interpella il boss. Sono De Grandis, signore. Volevo solo leggere alcune righe che avrei l’ardire di proporre a lor signori, risponde l’omino, spaurito ma stranamente fiero. Lei? Ma davvero? Legga, legga! Ci faccia ben sentire quale perla ha scovato, simpatico ometto!, lo burla il capataz. De Grandis allora si alza, si guarda intorno, tira fuori dalla tasca interna della giacca alcuni fogli, si toglie le lenti da miope e comincia a leggere:

Apro le braccia in questa notte piena di luna. / Sento il freddo del marmo della balaustra sotto i piedi. / Ora mi sembra di essere un airone e ho voglia di volare. / Volare verso quest’acqua dolce e silenziosa. / Volare nel vento, volare lontano da quel sole e quella polvere.

Il fumo azzurrino di sigaretta accoglie il silenzio che segue il momento in cui l’ometto si tace e appoggia, chinando il capo, i fogli sul tavolo ingombro. Piano, un timido clap: un attimo solo e scrosciano gli applausi. Convinti, patriottici. Perbacco! Questa sì che è arte! Dobbiamo avere questo autore! Li ha scritti forse lei, codesti versi immortali, mio buon impiegato?, dice il capo con le lagrime al ciglio. Magari, risponde De Grandis, quanto più dolce mi sarebbe stata la pena di vivere se fossi stato capace di tanta leggiadria! Una voce s’alza dal fondo della sala: E allora chi? Chi è il genio? Noi lo reclamiamo, e il mondo intero con noi! Orsù, faccene partecipi! De Grandis: Come, chi? Ma è il sublime Walter Veltroni, colui che infiamma i cuori e le menti delle genti. Ma non pubblicherà giammai con noi, voi lo sapete bene. Come potrebbe un condottiero della sinistra pubblicare per una casa editrice di proprietà di Silvio Berlusconi, arconte d’Arcore?Il gran capo, ad udire queste parole, sbatte il pugno sul tavolo: LO FARA’, VI DICO! Poiché l’arte, come la legalità, non è né di destra né di sinistra, e il mondo ha diritto d’apprezzare l’arte. Ma vi rendete conto che queste poche parole, da sole, eguagliano addirittura “Il gabbiano Jonathan Livingston”?O addirittura le poesie di Bondi? Presto, s’interpelli il Veltroni, acciocché dia il suo assenso e, una volta ottenutolo, si stampino milioni di copie del suo capolavoro! Presto! Deus vult! Deus vult!

Così l’arte salvò il mondo, ancora una volta.(Aut.min.conc. Attenzione: l’arte fa sapere di non esse responsabile delle numerose figure di merda).



Un Commento

  1. alè

    ah, è di Veltroni, ecco, mi pareva una cacata…