I 10 peggio passatempi di Natale.

1) La Tombola. Il giuoco consiste principalmente nel cercare per tre ore le cartelle e i numeri spersi bestemmiando il Paradiso e il Purgatorio oppure, se avevate quella con le finestrelle, per cercare di disincastrarle rompendovi unghie denti e coglioni a volontà. Una volta sistemato tutto, parte quello che avvia a cacare il cazzo che i numeri si devono segnare solo con le scorce di manderino o coi fasuli, così a metà tombola un criaturo arrevota le cartelle e voi dovete ricominciare daccapo. Poi quello che comincia a dire in napoletano stretto solo i numeri della smorfia che si ricorda, beccandosi il coccolone soprattutto sul 16 e il 29; infine quello che ha studiato, che avvisa che se al primo numero chiamato si alza quello fesso a urlare AMBO! lui si offende, solo che a questo punto lo scemo che aspettava di urlare AMBO! al primo numero si offende e comincia a cacare il cazzo lui, finché la cosa non degenera nella più classica

2) La Sceriffiata Natalizia. Si tratta senz’altro del più classico spassatiempo delle feste da quando Gesù ha inventato il Natale e consiste nel mettere insieme gente che non è che si tiene solo sul cazzo, ma proprio che si odia da generazioni, tipo faide calabrolucane. Il giuoco comincia facendosi vicendevolmente regali palesemente di merda, tipo libri scritti dalle femmine o, peggio, da Paolo Giordano, in chiaro segno di sfregio e di provocazione. La seconda fase dell’intrattieni si svolge paragonando le doti della rispettiva figliolanza; prima si comincia con le licenze medie inferiori, chi può sfodera un biennio all’alberghiero, ma è raro. Finite le schermaglie, si passa direttamente a vantare la lunghezza del pesce dei figli o il numero di bucchini tirati in un anno dalla figlia dell’altro concorrente finché non si arriva alle mani in faccia e al classico strascino con calcio col tacco a tradimento, come nelle vecchie illustrazioni natalizie inglesi.

3) La Videocassetta di Natale in casa Cupiello. Si tratta di uno dei giuochi maggiormente temuti anche dai concorrenti più smaliziati. Innanzitutto perché si scopre subito che la cassetta che sta nella custodia dell’immortale capolavoro in realtà è un porno tedesco anni 80, come subito si evince dai peli tipo foresta nera della protagonista, tale Gudrun La Zoccola. Quando il figlio del padrone di casa ha finito di spiegare che lui non ha idea di come sia finito lì quel film (cosa verissima, perché lui è ricchione, è il padre quello rattuso), si comincia con la visione. Ora, come tutti sanno, questa commedia è divertente, e neanche tanto, solo per i primi dodici minuti, dopodiché sfocia improvvisamente nella più bieca, noiosa e scontata tragedia mal scritta e peggio recitata, quindi solo i più coraggiosi arrivano alla fine vivi o svegli, e, prima di imbottirsi di psicofarmaci, rivolgono un pensiero affettuoso al De Filippo bravo: Peppino. Vince chi, dopo questa immane rottura di palle, ha ancora il coraggio di pronunciare l’infame battuta: Te piace ‘o presebbio? senza venire linciato dai superstiti furiosi.

4) Acchiappa Il Nonno. Nonostante prenda sessanta euri di pensione sociale, è ormai il più ricco della famiglia e va tenuto buono a tutti i costi. Quindi le due squadre scelgono a tradimento un concorrente per parte (si tratta di un giuoco molto pericoloso e nessuno si offre mai volontario), in genere quelli che erano andati a pisciare e, quando hanno finito di bestemmiare per la gioia, devono cominciare ad accudire l’arzillo vecchietto. Si va da prove semplici come il misurargli la pressione mentre il nonno, per movimentare il gioco, scorreggia allegramente, fino a prove più ardimentose come mettergli l’adesivo della dentiera o scoprire da quanto tempo il vegliardo ha perso l’abitudine di pulirsi il culo. Vince chi riesce a capire cosa vuol dire il nonno in lacrime indicando una vecchia foto di lui che guarda un ciuccio, e in genere non vince nessuno perché il nonno quando parla è comprensibile più o meno come l’oroscopo di Rob Brezny.

5) Il Sette E Menzo. E passiamo ai classici, vecchi giuochi con le carte. Il Sette e menzo è un giuoco col quale si cerca di vincere la casa al parente più prossimo, buttandolo così senza pietà in mezzo alla strada anche se ha solo dodici anni ed è gravemente ammalato. Si comincia fissando un tetto alle puntate, tipo venti centesimi massimo, e in capo a un quarto d’ora il limite è stato alzato a ventimila, anzi facciamo trentamila euro; dopo un’ora sta gente che per la disperazione si è impiccata nel cesso, chi ha tirato bucchini per venti euro e chi minaccia di leggersi un libro di Silvia Avallone se non lo fanno giocare a credito. In ogni caso come al solito è sempre quello più ricco che vince tutto e anche se per due ore dopo fa finta che i soldi non li vuole, alla fine quando se ne va vi fa firmare una carta che vi perseguiterà per il resto della vostra vita. E comunque con quei soldi ci ricarica lo smartphone della figlia puttana per due settimane al massimo.

6) Lo Scopone a Offendere. Come tutti sapete, lo Scopone A Offendere è praticamente uguale allo scopone normale, e come in quello, lo scopo del giuoco è offendere il tuo compagno fino alla mortificazione. Una volta fatte le squadre, cominci chiedendo al tuo partner cose tipo neh ma tu ‘ossai come se joca ‘o scopone?, si continua con frasi tipo ma tu vedi un poco se dovevo fare coppia con un ricchione stasera io, per finire con cose tipo guarda che se perdiamo ti scasso il mazzo. A quel punto il vostro compagno si è bello e che innervosito e si è pure cacato il cazzo, quindi prima o poi un errore lo fa, facendo fare agli avversari sette scope di fila. A quel punto cominciate a deriderlo finché quello non prende e vi chiava il posacenere in faccia. Perdete tre denti ma avete vinto, che quello il bello di stare in famiglia è divertirsi e fare le cose insieme.

7) L’Allegra Conta. Questo passatempo in genere viene messo in mezzo dalla zia divorziata e depressa sotto psicofarmaci o dalla nonna novantenne o dalla nonna novantaduenne, ma è molto bello perché obbligano tutta la famiglia a giocarci, rinsaldando così lo spirito famigliare. Si tratta del chiedere a tutti cose come : te la ricordi Carmelina? Quella bellissima, giovanissima, laureata con centodieci e lode che aveva sposato un milardario americano bellissimo e aveva avuto due gemelli meravigliosi? I giuocatori rispondono in coro che non hanno proprio idea di chi cazzo  stiano parlando, e comunque anche se se lo ricordassero gli passerebbe comunque per il cazzo, ma lì il croupier incalza dicendo ma come, quella che aveva donato due miliardi di euro ai bambini bisognosi e che salvò quel paralitico dalle fauci di uno squalo a Cuba? Possibile che non ve la ricordate? Su, fate uno sforzo! E insomma dopo sei ore di questo gioco i giocatori capiscono che non era Angelina ma MariaPia, che non aveva due gemelli ma un gatto, che non aveva sposato un miliardario ma vostro zio Alfredo, che le volevano tutti tanto bene, come no, adesso vi ricordate, che cara, era quella che vi dava i cioccolatini, l’unica parente che amavate davvero. Come sta come sta?, chiedono i giocatori. La nonna risponde, sempre: è morta ieri dopo sei mesi di atroci dolori e sofferenze. E via con altri parenti buoni che il Signore ha ritenuto di decimare.

8 ) Uscite il Rolex. Si tratta di un giuoco di società molto apprezzato perché sostanzialmente vi fa muovere e quindi affinale digerite pure. Insomma si gioca che mentre state belli e buono mezzi addormuti sulla poltrona il vostro zio militare, quello che guadagna ottocento euro al mese però è addetto a trattare con i fornitori in fureria e stranamente si è comprato sei ville e un drone americano, a un certo punto si mette ad alluccare come a un invasato: Guagliu’ nun facit’ ‘e sciem’! Qua qualcuno si è fottuto il Rolex mio! Quello sta sessantamila euri nun facite i sciemi USCITE ‘O ROLEX! A questo punto i giocatori più esperti se ne possono uscire con azioni di disturbo tipo azz allora è overo che sei mariolo o anche ma se sei tanto ricco perché sei venuto a mani vacanti?. Lo scopo del gioco comunque non è quello di ritrovare l’orologio, che tanto viene sempre fuori che zio militare se l’era scordato a casa che in mezzo ai parenti non teneva fiducia a portarselo, quanto di scoprire chi tiene la peggio reputazione della famiglia. Infatti se dopo due minuti che il Rolex non esce e si mettono tutti a guardare a voi senza cercare più l’orologio, è chiaro che tenete una nominata di merda.

9) Il Cimento dell’Amaro. E’ forse il più diffuso passatempo natalizio postprandiale. Si prendono i due zii più parsunari, andate vicino a uno e gli dite Ue’ zizì ve lo volete bere un amaro? Quello fa no nipote mio mi sento poco bene. Voi rispondete ma come non tenete il cuore di farvi un amaro? Quello zio Gerardo ha detto che vi schiatta la capa a bere!, e indicate zio Gerardo, col quale il vostro compagno di squadra sta facendo la stessa cosa. State sicuri che come cacciate la bottiglia di Montenegro (o di Averna, ma va bene pure il Caffé Borghetto), i due zii, che avrete avuto cura di appurare si tengano reciprocamente sul  cazzo, si sfidano silenziosamente a chi si beve più amaro. Vince chi manda per primo il zio suo all’ospedale per la classica lavanda gastrica natalizia.

10) Il Giuoco della Butteglia. In genere è quello che chiude la giornata, anche perché è un’attività ludica che parte spontaneamente, complice il troppo vino a tavola e il fatto di mettere in dieci metri quadrati trenta persone che si odiano a morte. Comincia con una zia che lamenta che l’altra zia le ha fregato una cosa: una qualsiasi, possono essere orecchini o un palazzo, l’importante è che il giuoco abbia inizio. Al che l’altra rispode che non è vero. La prima però, non doma, incalza, finché l’altra fa: Vuo’ vede’ come piglio e ti chiavo ‘sta butteglia ‘nfaccia? L’altra a questo punto risponde E ia’, famm’ vede’ si tien’ ‘o curaggio!. E la prima: Mo’ te la chiavo in faccia e po’ vedimm’! E l’altra: T’aggio ditt’ famm’ vede’ si’ tien’ ‘o curaggio! Questa iacovella deve necessariamente continuare per almeno venti minuti se no è finito lo sfizio, quindi se vedete che per caso si acquietano mi raccomando inzolfatele. A un certo punto una piglia e chiava veramente la bottigliata in faccia all’altra. E’ il segnale che il Natale è finito, e che potete tranquillamente pensare a come affrontare Santo Stefano in grazia di Dio.



3 Commenti

  1. ahhh che belle le sceriffiate di natale….

  2. Lucad

    Il tuo “limite” (e paradossalmente, allo stesso tempo, il grande pregio) è che ci sono sottigliezze linguistiche che può cogliere solo chi parla napoletano ed è intriso di quella cultura. Limite che appunto riguarda solo chi non lo parla, perché dall’altra parte, in cui mi trovo, il divertimento è massacrante per mandibole, tendini facciali e interiora. Tutto questo parlare di limiti è, in definitiva, per farti il maggiore dei complimenti.

  3. Simona

    manca il più odioso: il mercante in fiera