I versi scassacazzi.

E così, sta per uscire un nuovo libro di Salman Rushdie. Non so se avete letto I versi satanici, il suo libro che gli è valsa una fatwa. Non è niente male, gradevole, divertente. Niente di che, ma insomma, è un bel libro. Dopo di quello, la carriera letteraria del professore è praticamente scomparsa, oscurata dalla condanna a morte che gli pendeva, e che tuttora gli pende, sulla testa. C’è da dire che, insomma, i libri di Rushdie, senza la fatwa, col cazzo che avrebbero avuto tanta notorietà, per la semplice ragione che non la meritano: non in quanto libri, insomma.

La merita l’autore al quale, chiariamoci in anticipo, va tutta la mia piena solidarietà. Io non riesco a dormire la notte se il tabacchino non mi saluta con la consueta cortesia, figuriamoci con una fatwa.

E però a me questa storia mi ha scassato il cazzo, proprio in quanto storia, in quanto narraffione, come direbbe uno molto intelligente.

Perché, vedete, cari media italiani e mondiali, la solidarietà non è infinita. Capisco che voi abbiate bisogno come il pane di storie che siano quanto più possibile emblematiche, ma a un certo punto vi dovete rendere conto che la gente, per usare un blando eufemismo, si sfracanta la minchia di voi e delle vostre storie emblematiche. Perché i guai, nella vita, non li ha passati solo Salman Rushdie. Per dire, io conosco personalmente almeno mille persone che farebbero a  cambio con la sua vita in questo preciso momento. E quando dico mille forse esagero: in realtà sono almeno dieci o centomila. Certo: la sua vita è in costante pericolo. Solidarizziamo. E va bene. Facciamo che solidarizzo con Rushdie un minuto l’anno, magari qualche secondo in meno quando vedo le sue foto ai parties appiccicato a qualche modella. Perché dovete capire che ci sono milioni di persone che stanno molto peggio di Rushdie; a questa gente io posso e voglio dare la mia solidarietà, proprio perché rischiano la vita girando senza scorta e non sono diventati straricchi e ultrafamosi. Mi dispiace per voi media, ma nel mondo reale uno solidarizza con l’amico che si rompe una gamba, ma solidarizza di più con l’amico che si becca un linfoma. Lo so che voi nel mondo reale non ci venite mai, ma fidatevi: da noi le cose girano così. Il mondo, l’Italia, è piena di gente che rischia la vita come e più di Rushdie e senza i soldi e la protezione di Rushdie. Per dire, qualcuno sa che fine ha fatto il signore che ha ispirato questo bellissimo film? No eh? Perché la sua storia non ha appeal giornalistico, non si presta alla vostra brillante narraffione. Cari mass media, dovete rendervi conto che è arrivato il punto di non ritorno: credete di far bene e invece state sbagliando tutto. Perché, ormai, siete talmente slegati dal mondo vero che proponete come modelli gente che, proprio perché li proponete voi, cominciano a stare sul cazzo a tutti.

Personalmente, auguro a tutte le vittime e i diseredati del mondo di godere della stessa rete di protezione sociale che finora ha (giustamente) aiutato Rushdie. Anche se loro, la mattina, a vedere come devono fare giorno ci vanno senza auto blu blindata, scorta armata e i giornali che urlano al miracolo ad ogni cacatella che partorisce.

I guai non sono tutti uguali, e passarli coi soldi, credetemi, è sempre un po’ meglio.



2 Commenti

  1. ma possibilità che ti candidi alle prossime politiche non ce ne sono?

  2. sta bene! ih che amlo di fuoco!